Storia

dal

1790

Eredità agricola

C’era una volta nonno Barbato

Dal 1790 ai primi anni del ‘900, i Fusco sono stati una famiglia di agricoltori delle colline dell’antico Samnium. L’occasione di diventare vignaioli si presentò, in pieno ventennio, in circostanze originali che in famiglia sono state tramandate sempre col sorriso. Il nonno Barbato, emigrante in Brasile, era solito inviare alla sua famiglia, insieme alle notizie che lo riguardavano, anche del denaro.

Destinatario indiretto della missiva era il Potestà di Torrecuso, allora un piccolissimo centro rurale, dove a saper leggere e scrivere erano ancora in pochi e perlopiù uomini delle istituzioni. Forse, ansioso di arrendersi a una tentazione in più, sta di fatto che il capo del governo comunale non ci pensò due volte a intascarsi i soldi. Leggeva così la missiva brasiliana, sorvolando sui riferimenti al denaro allegato e soffermandosi sul buono stato di salute del papà.

Dopo anni di questa corrispondenza, un bel giorno accadde che Barbato annunciasse il suo rientro a Torrecuso per il mese successivo. Povero Potestà, per poco non gli prese un colpo. Ma l’istinto di sopravvivenza del potere risolse tutto. Sotto forma di donazione liberale, alla famiglia Fusco venne concesso a Torrecuso il fondo delle Defenze, 3 ettari di collina selvaggia esposta magnificamente al sole, naturalmente vocati alla coltivazione della vite.

Da viticoltori a produttori di vino

In contrada Defenze è ancora oggi situata l’azienda agricola della famiglia Fusco. Qui Giuseppe, papà di Carmine e Marco, cominciò con impegno ad avviare le prime vendemmie di Aglianico a cui aggiunsero, a metà degli anni ’80, anche la coltivazione delle uve Falanghina. Nel 1997 il grande passo: Carmine e Marco, decisero di non limitarsi a coltivare il vigneto ma di produrre vino.

Tra i vinificatori locali la famiglia Fusco può storicamente vantare alcune anticipazioni: le prime vasche di cemento per la fermentazione, il primo motocoltivatore e soprattutto la cultura di far evolvere il vino nel legno. Ancora adesso in azienda fanno bella mostra di sé le due magnifiche botti di quercia locale da 50 ettolitri che nonno Carmine commissionò a un bottaio locale. Nel 2001 vengono commercializzate le prime bottiglie di Aglianico e Falanghina. Oggi, Il Poggio esporta soprattutto in nord Europa, Canada e Stati Uniti.